domenica 24 novembre 2013

IRA - THE SYNDROME OF DECLINE






















Death... Un nome che ha influenzato e ancora oggi segna la storia del Death Metal mondiale. Sin dagli esordi del 1987 con il macabro “Scream Bloody Gore”, fino all'evoluzione sonora di capolavori come “Human” e “Individual Thought Patterns”, la band del compianto Chuck Schuldiner ancora oggi è un'ispirazione costante per chiunque al mondo suoni Death Metal, sia che si tratti di quello classico, che Technical e Progressive. Trattando in ambito puramente Technical Death, quest'ispirazione ha “diviso” molte band dei giorni nostri, tra chi riesce a risultare comunque originale e degno di attenzione e chi invece ricopia fino ai limiti del simil-plagio quanto di buono ha lasciato Evil Chuck nella sua carriera. Ed è qui che mi soffermo sulla nostra odiata (ovviamente a parer mio, che non me ne vogliate) Italia, o più precisamente mi soffermo sugli Illogicist, storica Technical Death Metal band che, insieme ai celeberrimi Sadist e ai meno fortunati Gory Blister, manda avanti con orgoglio il sound estremo tricolore. Ritrattando alla divisione citata prima, loro si inseriscono indubbiamente nel mezzo, riuscendo a risultare molto personali nonostante vi siano molti accenni ai Death.  Dopo questa solita pallosissima introduzione posso cominciare a parlare degli Ira, band italiana attiva dal '97 ma arrivata al traguardo dell'esordio su Full-Lenght l'anno scorso con “The Syndrome of Decline”, disco che se ascoltato una volta suona convincente, ma che una volta cominciato ad esaminare più a fondo si arriva ad intuire che c'è qualcosa che non quadra. Sono del tutto convinto che loro abbiano tentato la stessa strada nel mezzo degli Illogicist con risultati però deludenti rispetto all'abilità tecnica del quartetto di alto livello. In parole povere il disco suona come un insieme di “citazioni” estratte dai 4 capolavori dei Death (in particolare “Symbolic”) e messe insieme con uno strato di personalità che purtroppo risulta talmente minimo da sembrare quasi inesistente. Questo fattore può risultare veramente fatale, sopratutto quando si hanno canzoni di buon livello come l'iniziale “Lost In Pain” (penalizzata solo da un riffing che dopo un paio di minuti risulta ripetitivo e troppo tirato per le lunghe), l'eccellente “Searching Myself” e la finale “No Hope” (in cui risulta esserci più personalità in tutto l'album). La miglior traccia resta “Occult Doctrine”, divisa in 4 parti (anche se sinceramente non mi sono suonate tanto coese l'una dall'altra), che dimostra come la band ci sappia davvero fare anche con le suite, con tecnicismi efficaci ed una sezione ritmica molto precisa e potente. Leggermente fastidiosa la voce del cantante/chitarrista Giuseppe “Rex” Caruso, che mi è risultata come “fuori posto” per tonalità, anche se non so spiegare bene cosa mi abbia dato fastidio precisamente. In sintesi? Un album tutto sommato piacevole da ascoltare, ma che cerca di campare di luce riflessa. E mi dispiace parecchio dire questo, perché questi tizi le qualità ce le hanno eccome; bisogna solo avere più fantasia.

VOTO: 6/10
-ULTHAR-



Ascolto: https://www.youtube.com/watch?v=Wdy6WcN4QLc
Facebook: 
https://www.facebook.com/IraDeathMetal?fref=ts

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